Culto 12/05/2019 - Quarta del tempo di Pasqua - Jubilate

di Ruggero Marchetti pubblicato il 12/05/2019 23:10:03 in culto 356

Isaia 40, 1 - 11

“Consolate, consolate il mio popolo” - dice il vostro Dio - “Parlate al cuore di Gerusalemme e proclamatele che il tempo della sua schiavitù è compiuto, che il debito della sua iniquità è pagato, che essa ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati”.

Una voce grida: “Preparate nel deserto la via del Signore, appianate nei luoghi aridi una strada per il nostro Dio! Ogni valle sia colmata, ogni monte e ogni colle siano abbassati, i luoghi scoscesi siano livellati, i luoghi accidentati diventino pianeggianti. Allora, la gloria del Signore sarà rivelata, e tutti, allo stesso tempo, la vedranno; perché la bocca del Signore l’ha detto”.

Una voce dice: “Grida!”. Risposi: “Che griderò?”. “Grida che ogni carne è come l’erba e che tutta la sua gloria è come il fiore del campo. L’erba si secca, il fiore appassisce quando il soffio del Signore vi passa sopra…certo, il popolo è come l’erba. L’erba si secca, il fiore appassisce, ma la parola del nostro Dio dura per sempre”.

Tu che porti la buona notizia a Sion, sali sopra un alto monte! Tu che porti la buona notizia a Gerusalemme, alza forte la voce! Alzala, non temere! Di’ alle città di Giuda: “Ecco il vostro Dio!”. Ecco, il Signore, Dio, viene con potenza, con il suo braccio egli domina.

Ecco, il suo salario è con lui, la sua ricompensa lo precede. Come un pastore, egli pascerà il suo gregge: raccoglierà gli agnelli in braccio, li porterà sul petto, condurrà le pecore che allattano.

Un pensiero dalla predicazione

thumbnail article Noi siamo tanto diversi, ma anche tanto simili a quegli ebrei in esilio di duemila e cinquecento anni fa. Non abbiamo alle spalle la catastrofe che loro hanno vissuto, non siamo degli schiavi, viviamo in casa nostra. Eppure anche noi, come quei deportati a Babilonia, intoniamo alle volte il lamento sommesso, ma ugualmente angosciato ed angosciante, della “transitorietà”.

Venerdì abbiamo avuto l’Assemblea sulla Relazione morale per il 2018-19. Abbiamo portato a termine un altro anno ecclesiastico. E anche un altro anno della nostra vita, che è scandita da vari tipi di anni: oltre all’anno solare, c’è il nostro proprio anno, da un compleanno all’altro; e c’è l’anno scolastico, e l’anno di lavoro, e anche l’anno ecclesiastico. Come credenti che vivono la chiesa oggi allora guardiamo a un altro anno che è trascorso: altri 365 giorni che sono sprofondati nel passato, e per ciascuno di noi, altri 365 giorni già vissuti, e perciò in meno da vivere. Sì, anche “ecclesiasticamente”, il tempo se ne va, e ci porta con sé. E se ne va in maniera tanto più micidiale, perché anche la fine di quest’anno ecclesiastico ci ritrova sempre più o meno nella stessa situazione di quello precedente: abbiamo portato avanti le stesse attività, più o meno uguali... un tran tran che continua... la mancanza di grandi novità e di grandi prospettive. Ed è questo che pesa, ci rende insoddisfatti e disillusi.

Il grido vigoroso del profeta scoppia con la sua urgenza anche per noi! E ci scuote, ci fa rizzare il capo. Ci restituisce a quei sogni che, in preda allo scontato e all’abitudine, non sognavamo più… “Consolate, consolate il mio popolo … Preparate nel deserto la via del Signore, appianate nei luoghi aridi (del vostro cuore) una strada per il nostro Dio! Sali sopra un alto monte! Alza forte la voce! Alzala, non temere! Ecco il vostro Dio!”. Davvero un grande grido, che dona nuova vita. E, al cuore di questo grido, la “Parola” che “dura per sempre”, e sconfigge ed annulla la transitorietà che ci fa male, e fa del nostro lamento un cantico di lode…

Noi, nella nostra chiesa, siamo in pochi, e non abbiamo molto… Non abbiamo ricchezze né potere. Siamo un piccolo gruppo, già contento se riesce a sopravvivere, a dare la sua testimonianza sempre anch’essa piccola, limitata a un circolo ristretto di persone… Insomma, non abbiamo molto tra le mani. Ma abbiamo la Parola. O, meglio, è lei che ha noi. E allora, abbiamo tutto: un passato, un presente, un avvenire. Abbiamo la speranza. Là dove la Parola è proclamata, il Signore è presente. E ci raccoglie e ci porta sul petto a quella libertà che da noi stessi non possiamo darci.

“Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore, Dio, viene con potenza, con il suo braccio egli domina… Come un pastore egli pasce il suo gregge, raccoglie gli agnelli in braccio, li porta sul petto, e conduce le pecore che allattano”. Dirci questo l’un l’altro… proclamarlo vincendo ogni paura… sia questo il nostro impegno.


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