Culto 06/01/2019 - Epifania

di Ruggero Marchetti pubblicato il 06/01/2019 22:38:34 in culto 336

Matteo 2 , 1 – 18

Gesù era nato in Betlemme di Giudea, all'epoca del re Erode. Dei magi d'Oriente arrivarono a Gerusalemme, dicendo: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo». Udito questo, il re Erode fu turbato, e tutta Gerusalemme con lui. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informò da loro dove il Cristo doveva nascere. Essi gli dissero: «In Betlemme di Giudea; poiché così è stato scritto per mezzo del profeta: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto la minima fra le città principali di Giuda; perché da te uscirà un principe, che pascerà il mio popolo Israele"». Allora Erode, chiamati di nascosto i magi, s'informò esattamente da loro del tempo in cui la stella era apparsa; e, mandandoli a Betlemme, disse loro: «Andate e chiedete informazioni precise sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, affinché anch'io vada ad adorarlo».

Essi dunque, udito il re, partirono; e la stella, che avevano vista in Oriente, andava davanti a loro finché, giunta al luogo dov'era il bambino, vi si fermò sopra. Quando videro la stella, si rallegrarono di grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria, sua madre; prostratisi, lo adorarono; e, aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra. Poi, avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, tornarono al loro paese per un'altra via.

Dopo che furono partiti, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e restaci finché io non te lo dico, perché Erode sta cercando il bambino per farlo morire”. Egli dunque si alzò, prese di notte il bambino e sua madre e si ritirò in Egitto. Là rimase fino alla morte di Erode, affinché si adempisse quello che fu detto dal Signore per mezzo del profeta: “Fuori dall'Egitto chiamai mio figlio”.

Allora Erode, vedendosi beffato dai magi, si adirò moltissimo e mandò a uccidere tutti i maschi che erano in Betlemme e in tutto il suo territorio dall'età di due anni in giù, secondo il tempo del quale si era esattamente informato dai magi. Allora si adempì quello che era stato detto per bocca del profeta Geremia: “Un grido si è udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più”.

Un pensiero dalla predicazione

Il Dio in cui crediamo non ha mai rinunziato ad un bel niente, ed è ancora, e più che mai, “l’Onnipotente Creatore e Signore del cielo e della terra”. Soltanto... ricordate Isaia 55, 8 ?… “i suoi pensieri non sono i nostri pensieri e le sue vie non sono le nostre vie”... E il suo progetto e la sua via di salvezza per noi sono ancora e sempre nel segno di quella croce di Gesù, che - come abbiamo udito nella famosa pagina di 1 Corinzi 1 – è da sempre il cuore della predicazione cristiana.

Torniamo a Betlemme. Il vuoto ed il silenzio e, prima, le gride e il sangue che chiudono tragicamente la vicenda dei magi, non sono la conseguenza della debolezza del “re bambino” di fronte alla brutalità degli sgherri di Erode, ma la realizzazione puntuale della volontà divina, come è provato dal fatto che Matteo non fa altro che intessere la sua narrazione di citazioni dei profeti di Israele, proprio per ricordarci che tutto ciò che accade e ci racconta, corrisponde al progetto del Signore. Quando infatti ci chiediamo che Dio è mai colui che sceglie tali vie per manifestare se stesso, la risposta è una sola: “affinché si adempisse quanto fu annunziato dal Signore per mezzo del profeta”. In altre parole: “È così perché Dio ha voluto così!”.

E ha voluto così (è il secondo passo che ci è richiesto di fare, dopo quello iniziale dell’obbedienza alla volontà sovrana di Dio) perché la via che aspetta “il re dei Giudei che è nato” è (e qui veniamo a quello che abbiamo detto prima) quella della croce. Allora, quel re non poteva non avere dall'inizio attorno a sé il dolore del mondo nella sua forma più acuta e più terribile: il dolore innocente. Perché proprio per questo è venuto nel mondo: per prendere su di sé, lui l’innocente, la sofferenza del mondo, e così darle un senso, il solo senso che la sofferenza può avere: essere fatta propria da Gesù, e diventare la sofferenza di Dio stesso.


file PDFordine culto